Libri

Disegni diVersi
Autrice
Cinzia M. Adriana Proietti
Casa editrice
Anno di pubblicazione
2021
Trama
Frammenti di vita e di sogni compongono versi poetici in forma di calligrammi e acrostici. Ritmi e strofe si dipanano sul foglio bianco creando disegni che raccontano suggestioni emotive, ricordi e desideri attraverso un filo conduttore: la ricerca del senso al di là dell’apparenza delle cose.
Prefazione – a cura di Ambra Antonelli, saggista e scrittrice
Erede di una ben definita tradizione che da Apollinaire risale fino alla poesia alessandrina del IV-III sec. a.C, l’autrice esplora le sue capacità e la sua sensibilità confrontandosi, nella prima parte della silloge, con il disporre in immagini i versi, liberandosi così dalla consolidata prassi degli schemi della letteratura tradizionale.
È attraverso la poesia visiva che il segno e più in generale lo scritto riesce a risalire all’origine dell’intuizione poetica ritrovandone integrità.
Data l’eliminazione del vincolo imposto dalla distribuzione canonica su righe parallele – di per sé non fuorviante ma certo più impersonale – l’anima istintuale, che ha generato il contenuto, è libera di restituirlo e dargli concretezza con le parole, che come tali hanno attraversato il filtro dell’intelletto, ma anche e soprattutto con l’immagine grafica e cioè con il prodotto più diretto ed immediato della creazione stessa.
Questa vera e propria alleanza tra significato e significante arricchisce lo scritto di quello che esso ha perso nel processo della resa grafica lasciandoci intravedere l’anima di chi scrive e magari mettendo allo scoperto qualcosa che sfugge alla sua stessa autoconsapevolezza.
“Arcobaleno”
Ecco che nella poesia “Arcobaleno” ritroviamo nel testo che il percorso dell’arco è completo e permette di scivolare “sino all’altra parte/a contemplare ai suoi piedi/ i sette fiori olenti/ai quali ha donato loro/i suoi tenui colori”. Tuttavia, rivisto nella sua veste disegnata, si arresta a metà, s’innalza senza trovare lo slancio di completarsi fino al colorarsi dei fiori.
Nel confronto delle due versioni sembra allora di vedere l’autrice ancora seduta ad ammirare da lontano “i riflessi del mondo”.
La parte che manca sembra essere il desiderio che nella vita si realizzi quel miracolo, forse solo in parte vissuto; e che quell’intuizione della perfetta bellezza, che la mente contemplativa arriva a concepire e a scrivere, possa avere ragione delle paure più recondite.
“Passi”
La prima fonte d’ispirazione di questa raccolta poetica è nella volontà di risanare i dissidi e ricomporre il dolore in primo luogo attraverso una speciale capacità visionaria dell’anima “irretita”.
Nel componimento “Passi” i versi sono orme di piedi che procedono saldi e decisi verso una meta sconosciuta eppure senza lasciare intravedere tentennamento alcuno. Questo è il segno, la forma imposta alle parole.
È lo scritto questa volta a rivelarci che il percorso affrontato si compone di sentieri e vicoli, gli uni pieni di luce, ed i secondi per definizione bui ed angusti; la meta offerta a questo tortuoso procedere è la fonte stessa dell’irretimento, riflessa da quegli occhi che ne sono stati sedotti.
La bellezza entra attraverso lo sguardo e s’impossessa dell’anima rivelando che il dolore non è altro che una diversa e più vera forma dell’amore.
“Rosa Nera”
È la “rosa nera” il cui profumo e il cui colore, presagio di morte, rende più vivo quello delle compagne, non rosso ma scarlatto; e solo quando si prende consapevolezza che ogni gioia è tale perché si conosce il suo opposto e che alla vita è avvolta la morte che si arriva a penetrare quel senso di eternità che l’autrice percepisce nel silenzio di un mondo che poggia sui pilastri di un tempo eterno perché immemorabile.
Mi ha stupito, leggendo e rileggendo i testi di questa raffinata silloge, l’assenza di un qualche minimo riferimento al frastuono del presente nella ricerca di un mondo perfetto sotto quel velo leggero dell’onnipresente tecnologia; e il termine perfetto è nella sua accezione più completa di “portato a compimento” e perciò non soggetto a mutamento alcuno.
Il mondo è immutabile e l’autrice, componimento dopo componimento, ne rivela il disegno intessuto nella trama sottile di un tempo che non è certo quello dell’uomo ma appare nelle sue forme immutabili ed eterne.
“Sempreverde”
“Spargerò/su celate rupi/il seme del passato/per far nascere il futuro/ Mi estasierò nell’ammirare/l’albero sempre verde/che su campi di olocausti/le radici ha affondato/lungo corsi d’acqua ascosa/ A suo tempo tallirà/donerà il maturo frutto/ e le sue foglie mai cadranno”.
Dal passato germina il presente e si prepara il futuro e questo avviene tramite l’olocausto, il sacrificio supremo che dai campi diviene nutrimento.
“Robur”
Immutabili ed eterne sono le stagioni, gli alberi centenari che affondano le radici nelle profondità terrestri elevando il verde delle loro chiome verso l’assoluto del cielo e sono così spettatori di ciò che si stratifica (i muschi) e si rinnova sotto la loro ombra; mentre gli innamorati, per un istante forse ignari dell’esistenza di internet, tornano ad abbracciarsi di generazione in generazione.
“Profumo di Salsedine”
E con gli alberi c’è la vastità di un mare che accoglie in sé il proprio destino personale e forse quello del mondo di superficie scambiando il passato nel vigore della vita presente.
Un’onda si abbatte sulla battigia portando il profumo dei ricordi ma sprofondando nel suo gorgo il passato che lascia di sé un vago eco.
I componimenti, quando affrontano il tema dell’eterno, ci restituiscono versi disposti in una forma iconica, simboli assoluti, privi di elementi accessori che vengono spesso precisati nel testo; è così che sulla pagina si accampa la possente quercia o il sole o semplicemente l’onda che lascia ad inabissarsi una scura, guizzante, coda di pesce.
E restano impigliate nella rete del segno – la parola e il disegno … un tutt’uno nella poesia calligrafica – i preziosi frammenti dell’infinito, quei fragili subitanei momenti di una bellezza che è armonia delle parti; che proprio nel loro essere fugaci testimoniano di quell’eterno disegno che costituisce la trama nascosta del tempo.
E i singoli componimenti poetici sono pieni di luci e colori e fiori perché chi scrive può definirsi poeta in quanto agli occhi del corpo si associano quelli dell’anima e dall’interazione dei due sguardi nasce la capacità e la volontà di trasfigurare il mondo del reale per generarne un altro o anche semplicemente sovvertirne le regole.
“La clessidra del tempo” e “Notte”
Ecco che il “tempo” non è più signore dell’esistenza ma viene imprigionato dal vetro di una clessidra che può essere rovesciata o messa in orizzontale e sospenderne così l’inarrestabile logorio in un equilibrio che si avvicina all’eternità.
Allo stesso modo nella poesia successiva, quando la notte, il regno del fantastico, sovverte la luce del giorno e della ragione è possibile giungere sull’altra parte della terra per trasformare ciò che è amaro in dolce.
Leggendo e comparando le singole composizioni s’intrecciano i temi e si rafforzano tra di loro e attraverso la loro resa in immagine finiscono per rivelare su tutto il desiderio di liberarsi; ed è quindi una dichiarazione di poetica e d’intenti al tempo stesso la scelta di rivestire di un’immagine grafica il testo scritto.
“Una Mongolfiera” una dichiarazione d’intenti
Questa liberazione è tanto nella forma letteraria prescelta quanto nelle parole stesse che più volte dal testo danno forma alla necessità di opporre alla pesantezza una consapevole “leggerezza”.
La mongolfiera, gonfia di “caldi sogni e desideri”, si solleva solo gettando a terra ogni zavorra di tristezza così che l’anima alleggerita possa fluttuare nell’immensità del cielo, sfiorare con un dito le ali di un’oca indiana.
Quello che sopra ogni cosa vale è che tale consapevolezza è in una scelta lessicale attenta, persino puntigliosa ma sempre evocatrice.
E questo è proprio il caso della nostra “oca indiana” che si vorrebbe sfiorare con un dito; non solo la tradizione vuole che sia capace di volare ad altezze inimmaginabili ma che riesce a farlo anche quando la scarsità di ossigeno diventa drammatica.
Dall’immagine libera all’Acrostico ovvero la seconda parte della silloge.
L’acrostico nasce con una funzione mnemonica per divenire un gioco che, attraverso il limite imposto dalla necessità che la prima lettera di ciascun verso formi una parola, dimostri una sottile abilità versificatrice.
Quindi, se la poesia calligrafica è la felice unione dell’anima generatrice con la sua creatura e celebrazione di un’avvenuta liberazione dai vincoli dei ranghi serrati di un testo tradizionale, l’acrostico si configura per l’essere un esperimento di segno opposto che tuttavia diviene un’occasione per una vera e propria esplorazione concettuale.
È una sfida necessaria perché l’idea possa essere declinata e svolta seguendo il ritmo incalzante di una successione già data e se nella poesia calligrafica la materia poetica fluisce come l’acqua che scorre in tanti rivoli metamorfici nella seconda parte dedicata agli acrostici lo stesso contenuto prende, dalla struttura rigida prescelta, la stessa consistenza della materia del legno che lo scultore deve lavorare in un unico preciso gesto.
Il titolo del componimento poetico è la parola scelta ed ogni lettera che la compone permette all’autrice di penetrare con maggiore perizia, affinando le sue arti, l’oggetto della sua indagine e presentarcelo in tutte le sue possibili implicazioni.
Il verso incede maestoso ed inesorabile – d’altronde ne conosciamo l’inizio – e si compone in una strofa che ci restituisce il titolo e questa può ripetersi una o più volte plasmando i concetti con l’abilità di un esperto plasticatore che conosce la sua materia al punto di saperla mostrare in tutte le sue possibili forme.
Stupisce e commuove la possibilità di ritrovare nella rigidezza della forma quello stesso variegato universo che l’autrice aveva rappresentato nella libertà del segno grafico: la stessa lucida scelta lessicale, tale da non poter immaginare di sostituire una parola ad un’altra, la stessa introspezione capace di lasciare sul bianco del foglio prendere vita il palpitare della vita, la sospensione di un’attesa nell’intimità del proprio io.
La carezza raccontata in due strofe o l’incalzare drammatico della forza generatrice della donna: “madre di tutte le madri” e “madre di tumultuosi bambini” che cresciuti diventano giovani a cui essa, nella potenza del suo amore, saprà dare conforto ed ali vigorose per volare.
La gabbia della forma e il limite imposto moltiplicano all’infinito restituendoci la pienezza della vita segreta dell’autrice il cui respiro tuttavia è lo stesso che anima la forma nascosta delle cose.
È necessaria una certa attenzione quando si affronta questa silloge perché non bisogna fermarsi sulla soglia del gioco letterario ma penetrare nell’intimo di una poesia che non solo descrive “il male del vivere” ma che lotta per superarlo.
Non è una questione di valore perché come diceva Gibran “la poesia non è un modo di esprimere un’opinione. È un canto che sale da una ferita sanguinante o da labbra sorridenti”.
Bisogna superare l’avversione verso un canto pieno di gioia e bellezza come se fosse troppo “semplice” e non arrivasse a descrivere l’ansia di vivere o il senso di dissociazione che essa comporta perché l’opera al nero ha senso quando si risale in superficie.
Quello che anima e vivifica questa silloge è proprio nella percezione che il desiderio di vita, di gioia e di bellezza è frutto di un percorso di confronto con l’esistenza e con i suoi drammi per poter conquistare un diverso stato dell’essere… più leggero e qui Calvino – riprendo da “Lezioni Americane” – avrebbe aggiunto la leggerezza di un uccello in volo e non quella di una piuma.
Recensioni
RECENSIONE DEL LIBRO “diSEGNI diVERSI” di Cinzia M. Adriana, Intermedia Edizioni
a cura di Luciano Lepri, poeta, scrittore, saggista, critico d’arte e letterario
La elegante, originale e raffinata raccolta poetica di Cinzia M. Adriana Proietti, “diSEGNI diVERSI”, se non avesse meriti ne ha di sicuro uno: quello di usare parole che piacciono al cuore e all’orecchio; e credetemi di questi tempi non è cosa da poco farsi capire da tutti ma soprattutto parlare al cuore.
Cinzia lo ha fatto in questa raccolta, che a me pare come una sua biografia in versi, come una lunga confessione nascosta, ma poi non tanto, tra le parole della poesia calligrafica o dei non facili acrostici e che trova la sua sintesi in “Robur”, perché quella pianta alta e possente che abbraccia un velo di cielo con la sua maestosa chioma e le cui radici affondano nella profonda terra, non è altri che Cinzia con la sua storia, la sua cultura, i suoi molteplici interessi, la sua forza, la sua vitalità.
Ma oltre ai contenuti, tutti decifrabili proprio in virtù di un fraseggiare avulso da metafore, simboli, allegorie e che entra subito in sintonia con il lettore, c’è la singola bellezza di alcuni versi, la loro capacità immaginifica, come: inabissate le parole non dette; quella terra di mille colori dipinta; sole zingaresco; gittare zavorre di tristezza; berrò calici d’affetto; nella quieta laguna della mia anima.
Significativa per quanto sopra detto la frase “riflessi di poesia/raccontano la mia vita”, che non è altro che esplicitare come questa raccolta venga vista come una sorta di chiara confessione, di un descriversi, di un’aprirsi agli altri magari ascendendo “un arcobaleno / prima che svanisca”, perché come scrive nella poesia “Sempre verde”: “spargerò / su celate rupi / il seme del passato / per far nascere il futuro”.
Insomma Cinzia M. Adriana Proietti appartiene a quella razza di poeti che Walter Scott definiva così: “Una razza semplice! Perdono le loro fatiche per il vano tributo di un sorriso”.
RECENSIONE DEL LIBRO “diSEGNI diVERSI” di Cinzia M. Adriana, Intermedia Edizioni
a cura di Marcello Soro, scrittore, poeta
DEDICA DEL LIBRO “diSEGNI diVERSI” di Cinzia M. Adriana, Intermedia Edizioni
a cura di Giuseppe Bellucci, pittore, poeta
Interviste
27/10/2021
Mentinfuga
Intervista del Prof. Antonio Fresa (docente, autore, presidente UniTre Narni) a Cinzia M. Adriana Proietti, inserita nella rivista Mentinfuga.
“Raccontarsi attraverso i propri percorsi artistici, planare sulle bellezze che ammantano il mondo, indagare le contraddizioni del vivere. Un racconto quotidiano e intimo di ritmi e armonie espressi in versi e disegni”.